Il disturbo ossessivo compulsivo (DOC) è un disturbo psicologico cronico, che può diventare invalidante ed interferire con le attività quotidiane, sociali e lavorative.
Benché chi ne soffre riconosca che i pensieri ossessivi e i comportamenti compulsivi provochino molta sofferenza e non riescono ad annullare lo scenario minacciato dalle ossessioni, continuano ad attuarli, perché se lo scenario si verificasse non potrebbero perdonarselo.
Nel DOC si riscontra la presenza di un senso ipertrofico di responsabilità, ma la colpa temuta da loro non è altruistica, ma deontologica.
Quali sono le caratteristiche del senso di colpa altruistico e deontologico?
Il senso di colpa si genera quando la persona riconosce di aver causato un danno ad un altro individuo, o trasgredito una norma morale. Ci sono però situazioni in cui non c’è una vittima, né una trasgressione morale, ma la persona si sente in colpa per l’esistenza dell’eventualità che possa fare un danno (ad es. contaminare un oggetto), o compiere un atto immorale (ad es. bestemmiare).
Il senso di colpa altruistico parte dal presupposto che con il proprio comportamento è stato compromesso un proprio scopo altruistico e che lo si sarebbe potuto evitare agendo diversamente.
Uno scopo altruistico ha come fine il bene dell’altro sia in senso oggettivo (non arrecare danno), sia soggettivo (non far soffrire), questo bene è rivolto non tanto ad un altro indefinito, ma specifico, non serve come mezzo per raggiungere altri scopi, ed è perseguito prima del proprio interesse.
Ciò che attiva questo scopo è la percezione della sofferenza, o del bisogno dell’altro.
Per provare senso di colpa altruistico si deve sentire di aver noi stessi compromesso uno scopo altruistico attraverso una nostra azione o omissione, ed essendo nella possibilità di agire diversamente. Ci riteniamo quindi in qualche modo responsabili della sofferenza altrui.
Quando si prova questo tipo di senso di colpa si può agire in tre modi: evitando ulteriori colpe altruistiche, perseguendo il bene della vittima prima del proprio, e infine attuando una vicinanza partecipe alla vittima.
Il senso di colpa deontologico parte dal presupposto di aver trasgredito una norma morale che si vuole rispettare attuando un comportamento, o avendone anche solo il desiderio di trasgredirla. La persona ritiene che avrebbe potuto agire diversamente. Lo scopo di rispettare questa norma non è il tornaconto personale.
Una norma morale è una norma deontologica, ovvero una regola che prescrive cosa fare o no, vieta, permette, indipendentemente dai bisogni, desideri, bisogni individuali. Queste regole limitano la libertà individuale. La trasgressione di queste norme può non avere vittime, o provocare danni ad altri.
Quando si prova questo tipo di colpa la persona può agire al fine di evitare altre colpe deontologiche, scusandosi, cercando perdono ed aspettandosi una punizione.
Come tutto ciò riguarda chi soffre di DOC?
Il paziente ossessivo teme la colpa deontologica, più di quella altruistica, e cerca con il suo comportamento e pensieri di prevenirla. Le ossessioni diventano contenuti mentali che minacciano e segnalano il rischio di violazione della norma, e le compulsioni tentativi di prevenirla.
Uno studio di Ehntholt, Salkovskis e Rimes (1999) dimostra che chi soffre di questo disturbo, più del gruppo di controllo, si aspettano di essere detestati o disprezzati se causano un danno. Ad essere giudicata non sarà solo la loro azione, ma tutta la persona. I pazienti ossessivi sono in sensibili alle critiche severe e tale sensibilità svolge un ruolo cruciale nello sviluppo e mantenimento del disturbo.
Quali fatti causano tale sensibilità alla colpa e alle critiche?
Le persone che non soffrono di DOC non si attivano molto per contrastare i sentimenti di colpa, o prevenire errori, ma accettano più facilmente di poter sbagliare, che non hanno il controllo su tutto e che è umano sbagliare ed essere fallibili.
Di solito gli esseri umani imparano a convivere in modo più pacifico con la loro fallibilità grazie ad esperienze infantili di sbaglio, chiarimento e perdono, rese possibili dall’accoglienza delle figure affettive di riferimento.
Chi sviluppa un DOC ha avuto nell’infanzia esperienze di critiche da parte delle figure affettive per lui significative, che hanno favorito lo sviluppo di perfezionismo e di un senso di responsabilità ipertrofico che serve a prevenire ulteriori eventi di critica. Dal perfezionismo e dal senso di responsabilità derivano comportamenti eccessivamente scrupolosi di controllo e autocritica.
In particolare si è visto che nei soggetti che hanno idee ossessive lo stile di disciplina in famiglia è incentrato sulla relazione genitore-bambino. Questo tipo di disciplina usa come mezzo punitivo la relazione, piuttosto che proibire l’uso di oggetti (giocattoli) e attività (guardare i cartoni), trasmettendo al bambino il messaggio che ha causa del suo comportamento è il rapporto stesso con il genitore ad essere stato danneggiato. Il genitore invece che punire l’errore con un castigo ragionevole, si mostra offeso, deluso, affettivamente distaccato dal figlio colpevole.
Facciamo un paio di esempi:
- La madre di un paziente quando da bambino commetteva un errore, o una trasgressione si ritirava fisicamente ed affettivamente dalla relazione con lui. In queste situazioni lui viveva un forte senso di inadeguatezza personale, sentiva di essere cattivo e si spaventava della sua cattiveria. Per prevenirla ha cominciato a monitorare i suoi comportamenti per rassicurarsi del fatto che fossero volti al bene altrui e non di danno;
- La madre di una paziente quando da bambina sbagliava le diceva apertamente che questo la faceva soffrire e che non voleva avere a che fare con lei. Questo la gettava nella disperazione e piangendo seguiva la mamma chiedendole di perdonarla.
Per l’individuo ossessivo non comporta una semplice conseguenza negativa, ma è vissuto come occasione di disprezzo in cui le possibilità di chiarirsi e ricevere il perdono sono difficilmente pensabili.
L’esperienza di colpa morale è una catastrofe psicologica causa delle difficoltà che la persona incontra nell’accedere alla possibilità del perdono di sé. Il paziente ossessivo non può così utilizzare una delle possibilità più usate per risolvere il senso di colpa deontologico. Questa non possibilità determinerebbe la persistente paura di commettere nuove colpe morali, che genera le ossessioni e le compulsioni, il cui scopo è contrastare il senso di colpa che le ha generate.
Questa incapacità di accedere al perdono di sé può essere dovuta ad esperienze precoci e reiterate con genitori che puniscono il figlio con punizioni centrate sulla relazione. In questi casi il bambino che ha sbagliato vive una interruzione, o minaccia di interruzione, della relazione con il genitore e il ritiro del suo affetto, senza poter sperimentare che si può essere perdonati, o puniti con una pena commisurata allo sbaglio.
dr.ssa Luigina Pugno
Bibliografia
Barcaccia, Mancini Teoria e clinica del perdono, Raffaello Cortina editore