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mindfulness torino Archivi - Dott.ssa L. Pugno Psicoterapeuta a Torino
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Fonte: dr,ssa Pugno

Lo yoga e la meditazione Mindfulness hanno origini molto antiche, si parla di oltre due millenni fa.

Yoga e meditazione non sono due pratiche separate, anche se in occidente vengono proposte come se la prima fosse un’attività fisica, alternativa agli sport aerobici o anaerobici, e la seconda come qualcosa solo per alcuni.

Come vedremo in questo articolo yoga e meditazione sono due pratiche che si sostengono a vicenda.

Cominciamo con il condividere alcune informazioni

Gli yogi hanno postulato che esistono 3 livelli corporei:

1 un corpo causale composto da pensieri e credenze;

2 un corpo astrale formato da desideri ed emozioni;

3 un corpo fisico formato da sostanza materiale.

Secondo il buddhismo la nostra coscienza non è limitata a questi 3 corpi e con la pratica costante di yoga e meditazione possiamo andare oltre questi 3 corpi e sperimentare unione con tutto ciò che esiste nell’universo, questa unione è appagante più di ciò che può offrire la nostra limitata presenza.

La pratica sistematica che lentamente libera la nostra consapevolezza dai 3 corpi fa riferimento a 3 postulati fondamentali nella teoria dello yoga:

1 i nostri 3 corpi sono uniti insieme e si influenzano reciprocamente passando attraverso speciali centri della colonna vertebrale e del cervello chiamati chackra (porte);

2 l’energia che passa attraverso i chackra si chiama Qi;

3 l’energia passa attraverso i nostri corpi seguendo dei meridiani.

Fisico, astrale e causale sono le 3 manifestazioni del Qi.

Il Qi fisico si manifesta attraverso la consapevolezza di una parte del corpo. Quando proviamo piacere l’energia fluisce libera attraverso i meridiani, quando proviamo tensione l’energia è bloccata.

Il Qi astrale si manifesta attraverso ricordi e desideri, che non vanno combattuti, ma accolti ed esaminati per liberarsi della loro influenza.

Il Qi causale si manifesta con pensieri e credenze di cui diventare consapevoli.

Esistono 2 tradizioni di medicina energetica: la tradizione indiana tantrica e quella cinese taoista. Nel Tantra l’energia è chiamata Prana (respiro), i centri che la controllano sono chiamati chackra e i canali attraverso cui passa sono chiamati nadi. Nel Tao l’energia è chiamata Qi, i centri che la controllano sono chiamati dantian e i canali attraverso cui passa sono chiamati meridiani.

Nelle due tradizioni i nadi e i dantian sono poco descritti, mentre sono ben descritti i chackra e i meridiani, per cui utilizziamo questi ultimi due termini.

Per mantenere i chackra aperti si utilizza la meditazione, ma meditare per molto tempo fermi fa ristagnare l’energia e causa dolore che distrae, per cui sono stati sviluppati esercizi per armonizzare il flusso dei Qi e curare il corpo, rendendo più facile meditare per lungo tempo.

Queste esercizi sono stati successivamente codificati nel Tai Chi Chuan e nel Kung fu. Gli yogi indiani hanno codificato esercizi per preparare il corpo alla meditazione da fermi e far fluire il Qi, che sono confluiti nell’Hatha yoga.

Il Qi è l’energia che coordina i cambiamenti elettrici e chimici all’interno del corpo.

Se vogliamo incorporare la teoria dei meridiani nello yoga dobbiamo aver chiari i concetti taoisti di yin e yang. Yin e yang sono termini che descrivono i vari livelli dei fenomeni: Yin sono gli aspetti stabili, non mutevoli, nascosti di un oggetto, mentre yang sono gli aspetti opposti. Gli oggetti possono possedere entrambi gli aspetti yin e yang.

Anche lo yoga possiede entrambi gli aspetti, dipende da quali parti del corpo sono il suo target.

La caratteristica fondamentale degli sport yang e la ritmicità e l’alternanza di contrazione e rilassamento muscolare (es. corsa, nuoto). Molte forme popolari di yoga (ashtanga, visnyasa, power yoga) sono yang.

Invece esercizi che contraggono gentilmente il tessuto connettivale e le articolazioni sono yin.

Siamo abituati a pensare che i muscoli possano crescere e rinforzarsi, ma non pensiamo che anche il nostro tessuto connettivale e le nostre articolazioni possano modificarsi. Ma questo non è vero. Il grosso dei problemi fisici che abbiamo mentre invecchiamo, o che incontrano gli atleti sono legati alle articolazioni.

Se non ci prendiamo cura del nostro tessuto connettivale questo comincerà ad accorciarsi, ridursi. Se vogliamo mantenere le articolazioni sane dobbiamo esercitarle, non come facciamo con i muscoli, ma in modo yin.

Entrambe le forme di esercizi yin e yang sono necessarie e si supportano l’un l’altra.

Uno degli obiettivi a lungo termine dello yin yoga è rendere le articolazioni flessibili, ma quando non siamo abituati a praticarlo, nel breve periodo sperimenteremo articolazioni rigide e fragili.

Il tessuto connettivo si mostra resistente a piccoli stress, ma comincia ad ammorbidirsi e allungarsi quando l’esercizio dura per più tempo. Ciò permette al Qi di fluire attraverso i tessuti e al praticante di meditare tra una posizione e l’altra.

Le posizioni dello yin yoga devono essere tenute con i muscoli rilassati per poter stressare il tessuto connettivo intorno alle articolazioni. Per esempio io posso allungare il tessuto connettivo tra i muscoli delle dita della mano se le dita sono rilassate, ma non se i muscoli sono tesi. O ancora se voglio allungare il tessuto tra le vertebre dovrò avere contratti i muscoli addominali, ma non quelli dorsali vicino alle vertebre.

In ogni articolazione ci sono 3 strati: l’osso, il tessuto connettivo e i muscoli che muovono l’osso. Quando i muscoli sono rilassati, le ossa non sono sollecitate e il tessuto connettivo si allunga. Quando i muscoli sono in tensione, le ossa sono spinte e il tessuto connettivo non si allunga.

Quando si pratica yin yoga è meglio avere un’attitudine yin: essere pazienti e non aggressivi quando si mantengono le posizioni. Il potere dello yin yoga è il tempo non lo sforzo.

Molti principianti trattengono il respiro mentre mantengono una posizione yoga. Alcune posizioni richiedono una specifica alterazione del respiro, ma solitamente le posizioni agiscono naturalmente sul respiro. Forzarsi a respirare in un certo modo ostacola l’influenza che la postura ha sulla respirazione. Quindi quando si pratica lo yin yoga è meglio non stare in apnea e respirare normalmente.

Dopo aver praticato una posizione per qualche minuto è meglio rilassarsi sulla schiena e percepire il rimbalzo. Le posizioni bloccano il flusso di Qi e sangue in alcune zone e lo reindirizzano verso altre. Il rimbalzo è ciò che percepiamo quando rilasciamo la posizione e ci rilassiamo.

Le sensazioni fisiche di allungamento dei muscoli e delle articolazioni dominano la nostra consapevolezza quando manteniamo una posizione, ma quando ci rilassiamo possiamo con calma focalizzarci sulla percezione del Qi, che può manifestarsi con una sensazione di pressione che si disperde, o come energia nelle nostre gambe e colonna vertebrale. Dopo un minuto la sensazione muta in una generale sensazione di calma non collegata ad un’area particolare.

Coltivare la consapevolezza del Qi è una parte importante della pratica yoga, perché è il filo che unisce i 3 corpi. Imparare a percepire il Qi nel corpo è il primo passo per percepire le emozioni nel corpo astrale e i pensieri in quello causale.

Alcuni affermano di non percepire nulla, ma ciò che percepiamo dipende da dove mettiamo la nostra consapevolezza. Solitamente non percepiamo l’aria che entra nelle narici, a meno che non ci facciamo attenzione, appunto.

Il Qi fluisce in ogni cellula. Nei meridiani profondi è percepito nelle ossa, nei muscoli e negli organi.

Yin yoga amplifica l’energia del Qi e riduce quella dei nervi, per cui una comune reazione dopo una posa yin è di desiderare di riposare senza muoversi. Questa inibizione del movimento è uno stato desiderabile che prelude alla meditazione. Molte persone sono così tese che non riescono a rimanere ferme per qualche tempo. Praticare yin yoga può cambiare ciò. Se ti accorgi di desiderare di protrarre la fase di riposo durante la pratica, non ostacolarti. Riconoscilo e fallo, questo ti aiuterà a sviluppare l’abilità di ricreare calma dentro di te. Quando tu puoi fare questo, sei vicino a superare il primo ostacolo alla meditazione, che è stare seduto con la schiena eretta, ma non rigida per lunghi periodi di tempo.

La pratica yoga deve essere viva e adattata ai bisogni e alle fasi della vita.

Vediamo ora alcune linee guida per sviluppare la propria sequenza di posizioni yoga:

1 ogni posizione non va bene per qualcuno. Non ti fissare sul fare una posizione. La posa deve essere terapeutica e non una sfida da vincere. Alcune pose possono essere poco confortevoli, ma farti ben, altre possono solo esserti nocive.

2 I piegamenti in avanti sono yin. Portano la testa a livello del cuore rendendo più facile far arrivare il sangue al cervello e abbassa la pressione sanguigna. Inoltre i piegamenti armonizzano il flusso del Qi lungo i meridiani vicini alla colonna vertebrale, calmano e sedano.

3 I piegamenti indietro sono yang. I piegamenti indietro non necessitano di essere mantenuti a lungo quanto quelli in avanti.

4 Il momento della giornata e le stagioni sono importanti. La pratica yang è preferibile al mattino e nelle giornate fredde, quella yin la sera e quando fa caldo.

5 Più si pratica yang e più le pose devono essere varie e brevi, con diverse ripetizioni. Più si pratica yin e meno pose sono necessarie, ma mantenute più a lungo.

6 Va bene praticare yang prima di yin o viceversa.

7 Usa cuscini, corde, mattoncini o palle per yoga se le posizioni stressano il tuo corpo.

Dr.ssa Luigina Pugno

psicoterapeuta Torino – conduttrice protocolli Mindfulness based

#yinyoga #meditazione #mindfulness

FONTI:

Lee, Jo. Yin Yoga : How to Practice Yin Yoga Correctly . Edizione del Kindle.

Stefanie Arend. Yin yoga. Ed. Il punto d’incontro

Fonte: rosscupgraphic

Quando a fine gennaio vedevamo le immagini dalla Cina non riuscivamo ad empatizzare, assuefatti ai drammi, spettatori geograficamente lontani, straniati da qualcosa che non capivamo.

Da una parte una Cina in allarme, dall’altra l’OMS che tranquillizzava (così ho letto di recente).

Alcuni hanno attivato repentini comportamenti di protezione: raggiungere i familiari, svaligiare i supermercati e blindarsi in casa auto-prescrivendosi l’evitamento.

Ognuno sta rispondendo alla quarantena con il suo carattere: chi si incolla alla tv sovraesponendosi alle notizie e nutrendo l’ansia, chi si organizza lavoro/figli/tempo per sé, chi era abituato a muoversi comincia a patire le 4 mura, chi si trova di colpo tempo libero a lungo agoniato la prende come un’occasione per fare le cose che da tempo voleva fare. Il tutto a/da casa, chi ha cercato la vicinanza degli altri e chi si è isolato di più.

Le reazioni emotive sono le più disparate e le persone oscillano tra rabbia “dovevano fermarci prima”, paura “il signore in coda non aveva la mascherina”, paziente attesa “prima o poi passerà”, confusione “tamponi a tutti, no creiamo un vaccino, no  facciamo test anticorpali, no meglio cercare terapie…”.

Se prima affrontare una perdita, una malattia, la mancanza del lavoro era faticoso e destabilizzante, ma accadeva ad alcuni individui, che potevano essere sostenuti dagli altri, ora anche gli altri sono nella stessa situazione. Ma allo stesso tempo non ci si può aspettare che ci si senta uguali. Chi ha il cane, chi un genitore bisognoso lontano, chi fa un lavoro a rischio, chi in un mese ha perso tutto, chi ha o non ha un balcone.

La sfida è trovare un equilibrio tra l’appartenere alla collettività e la propria storia personale, tollerare la diversità e i bisogni del singolo.

Il covid-19 colpisce sistemi immunitari fisici diversi, sistemi immunitari psicologici diversi, sistemi economici diversi, sistemi governativi e sanitari diversi.

Cosa fare col proprio sistema immunitario psicologico? Come usarlo per rispondere alle richieste emotive?

Innanzitutto dobbiamo individuare quale emozione ci disturba e qual è la sua causa.

Se è la paura, di che cosa ho paura? Di ammalarmi? Di perdere il lavoro? Dell’isolamento?

Dobbiamo capire di che cosa abbiamo paura alla luce della nostra storia e della fase della vita in cui siamo.

Molte paure che vi verranno in mente c’erano già prima, ma ora sono amplificate.

Non dico che il covid-19 non sia la ragione della paura che accorcia il respiro e stringe la gola, dico che per affrontare i sentimenti dolorosi bisogna contestualizzarli nella storia di ognuno.

La preoccupazione che prova un genitore con figli piccoli, un adolescente, una coppia in quarantena o separata dalla quarantena, un anziano che ha imparato a fare le videochiamate per vedere i nipoti è diversa.

Tutti abbiamo un “sistema immunitario psicologico”. La nostra mente ha i suoi meccanismi di difesa. Chi ce li ha fragili sarà più soggetto a sviluppare ansia o depressione. Chi ce li aveva lì, lì per crollare potrà sviluppare un disturbo dell’adattamento. Chi ce li aveva funzionanti e flessibili continueranno a funzionare.

Poi ci sono quegli eventi che creano una frattura. Quelli che la mente non riesce ad elaborare, perché emotivamente troppo intensi. Eventi come una reale minaccia alla propria integrità fisica propria e di chi conosciamo (contrarre il virus, contrarlo e dover fare un ricovero), un lutto improvviso, l’impossibilità di vivere il cordoglio come si sarebbe fatto prima del covid-19. Eventi che aprono la strada al Disturbo post traumatico da stress.

Uno psicoterapeuta può aiutare il nostro sistema immunitario psicologico a funzionare meglio, o a riprendere a funzionare. Come? Utilizzando il colloquio, esercizi pratici, EMDR, ipnosi a seconda dei casi.

Ma se non senti la necessità di parlare con uno psicologo e desideri provare con il fai da te, ti consiglio il libricino della dottoressa Romagnoli, Covid-19: giorni di (stra)ordinario isolamento, edito da EPC, che ringrazio per gli spunti che mi ha dato per scrivere questo articolo.

Dr.ssa Luigina Pugno psicoterapeuta torino

t. 3288260495

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